Il sodalizio tra l’uomo e il cane risale ad epoche relativamente remote. Alcuni autori indicano il periodo a cavallo tra il paleolitico e il neolitico, vale a dire alla fine dell’ultima glaciazione. Circa diecimila anni fa. E’ il momento in cui l’uomo, da nomade e cacciatore, si sta trasformando in agricoltore, impara a costruire solide abitazioni di legno che lo mettono al riparo dalle intemperie e dai predatori che, specialmente di notte, insidiavano gli accampamenti. Il reperimento del cibo presso gli insediamenti umani, fu la causa dell’avvicinamento dei progenitori del cane all’uomo,il quale presto iniziò a sfruttarne le doti per la caccia e la difesa. In occasione delle sue battute di caccia, l’uomo lasciava dei rifiuti di cui questi animali si cibavano, nonci volle molto a questi ultimi per capire che ogni cattura fatta dall’uomo diventava un vantaggio anche per loro. Così, in virtù dei loro sensi più sviluppati di quelli dell’uomo, cominciarono a segnalare in anticipo la presenza di prede, cosa che indubbiamente rappresentò un vantaggio per entrambi. L’uomo prese ad incoraggiare questi “interventi”. Altro fatto importante la vigilanza effettuata dai cani che, sostando nei pressi dell’accampamento, mettevano in allarme l’uomo al sopraggiungere di predatori. Non dimentichiamo che a quell’epoca l’uomo, oltrechè predatore, era anche preda. Nella fase storica in cui l’uomo si da una dimora fissa, questi animali (siano essi lupi o sciacalli) cesseranno anch’essi d’essere nomadi. Il verificarsi di tale circostanza, cambia le abitudini e quindi il processo selettivo, la stanzialità riduce drasticamente,
se non elimina totalmente i contatti con gli altri branchi, la riproduzione in consanguineità all’interno del gruppo fissa il tipo.“In origine le sottopopolazioni di cani erano isolate dalla geografia. L’importanteconseguenza dell’isolamento delle sottopopolazioni canine fu che, in diverse parti dell’Asia e dell’Europa, emersero cani con caratteristiche diverse….anche in Nord-America i cani indiani avevano un aspetto diverso per ogni tribù, come i lupi cam-biavano varietà da una regione all’altra. (B. Fogle – La mente…)
E’ in questo processo, certo più complesso di quanto così sinteticamente esposto,che “nasce” il cane.
Questa sembra un’ipotesi accettabile sull’origine del cane, anche se recenti teorie vorrebbero che lo stesso discenda dal lupo. K. Lorenz teorizzò, che le razze canine aventi una parte di sangue di lupo, sarebbero la conseguenza d’incroci tra il cane, discendente dello sciacallo aureo, che gli uomini portarono con se nelle migrazioni verso il nord, e animali di sangue lupino. Del resto se prendiamo in esame l’ancestrale diffidenza del lupo nei confronti dell’uomo , la difficoltà ad addomesticarlo, le sue abitudini notturne, in contrapposizione alla capacità dello sciacallo ad accettare il contatto con l’uomo e addirittura di affezionarsi, conferiscono a queste considerazioni una loro validitàAnche le circostanze da cui è nata la collaborazione con l’uomo è che ha costituito le basi dell’addomesticamento, sembrano attagliarsi molto di più ad un animale dalle caratteristiche opportunistiche e gregarie come lo sciacallo, che non al lupo. Anche M. Fox sostiene che il “canis familiaris” sia il discendente di un selvatico simile al dingo, ora estinto. (Fogle “la mente…”)Altri autori sostengono che prove genetiche, comportamentali e anatomiche dimostrano come il cane derivi da una sottospecie di lupo del Medio Oriente, notando inoltre che il canis familiaris ha settantotto cromosomi come il lupo, e lo sciacallo settantaquattro (B. Fogle “la mente…”) Il lupo però, o meglio la lupa, ha un solo ciclo riproduttivo l’anno, il cane ne ha due. Quest’ultimo elemento potrebbe anche essere soltanto indicativo di una diversità conseguente dell’adattamento in un caso alla cattività, in un altro alla vita selvaggia. Infatti in quest’ultima situazione la madre deve avere davanti a se un periodo di tempo per portare i cuccioli all’autosufficienza, prima di avere un’altra cucciolata; se valutiamo che un cucciolo di lupo raggiunge la piena efficienza fisica sui sei/otto mesi, i conti sono presto fatti. L. Boitani (Dalla parte del lupo) “….il lupo italiano entra in calore verso la fine di marzo…”. E’ chiaro, una volta l’anno. La rivista Science, nel novembre del 2002 pubblicava un articolo secondo cui un’equipe mista di ricerca cino-svedese, afferma che tutti i cani provengono da animali addomesticati per la prima volta 15 mila anni fa in Asia orientale.
Finora si era creduto che l’addomesticamento sarebbe iniziato in medio oriente in concomitanza alla nascita dell’agricoltura. Scott e Fuller nell’esaminare il comportamento del cane, su novanta moduli presi in esame, verificarono che soltanto diciannove non erano comuni a quelli del lupo. Simili sono anche i modelli vocali e sociali, mentre quelli dello sciacallo sono diversi. (J. Fisher – Think Dog –) S. Coren, confermando l’inesistenza di prove definitive sulla discendenza del cane dal lupo, sostiene che le credenze popolari hanno influito su scienziati e scrittori nel sostenere l’ipotesi che il lupo sia l’antenato del cane domestico. E’ certamente maggiore il compiacimento che proviamo nel considerare il quadrupede che circola liberamente nella nostra casa o in giardino, discendente di un animale così terribile e affascinante, che non di colui che, sempre nella culltura popolare, viene descritto come un essere maleodorante che si ciba di ogni genere di rifiuti, troppo vigliacco per procurarsi da solo delle prede. In realtà il comportamento del lupo e dello sciacallo nel procurarsi il cibo è abbastanza simile. In alcune regioni le razzie dei lupi nei cumuli di spazzaturasono la norma. “Ma quello che più colpisce nello sciacallo è la pupilla rotonda, non ovale comequella di molti lupi, e ciò gli conferisce la tipica espressione che siamo abituati
a vedere nel nostro cane domestico” (S. Coren –L’intelligenza dei cani–). Su queste due ipotesi, e cioè se il cane discenda dal lupo o dallo sciacallo o daqualche altro canide selvatico, non è stata ancora detta l’ultima parola.
Ad alimentare una certa confusione contribuiscono anche alcune abitudini locali, che definiscono lupi alcuni canidi sudamericani come il crisocione (guarà), il lupo andino e il lupo delle Falkland. Anche il tilacino, chiamato comunementelupo della Tasmania, è un marsupiale della famiglia dei canguri e degli opossum. Esiste una terza ipotesi secondo la quale in luoghi diversi, tribù di cacciatori allevarono e addomesticarono cuccioli di lupo, altri cuccioli di sciacallo,altri ancora coyote, etc.=. Nel corso delle migrazioni le varie popolazioni vennero a contatto e così anche i loro canidi che, nell’occasione si scambiarono i geni. Forse il nostro cane domestico potremmo chiamarlo Cane-lupo-sciacallo-dingo coyote. E’ forse questa ricca miscela di geni che ci ha consentito, una volta in-
dividuati i soggetti portatori di certi caratteri, di riprodurli selettivamente edottenere la vasta gamma di razze con tutte le caratteristiche morfologiche ecomportamentali esistenti oggi. (S. Coren – l’intelligenza..). Oggi gli unici canidi selvatici sono il Dhole, in Asia, e il Licaone in Africa. Il Dingo australiano è si un cane selvatico ma è il risultato del rinselvatichimento di un cane domestico che ha seguito l’uomo migrante dal Sed-Est asiatico all’Australia, circa 5.000 anni fa.Un altro elemento importante da definire, è se i vari tipi sono il risultato dell’evoluzione di un tipo selvatico unico, differenziatosi ed adattatosi alle diverse situazioni ambientali, oppure i tipi primitivi sarebbero più d’uno da cui discenderebbero le varie razze. Anche questa ipotesi è complicata dal fatto che anche nell’antichità , la mano dell’uomo è intervenuta per creare tipi di cani che riteneva più adatti allo svolgimento di determinate funzioni, con una genialità non inferiore a quella dei Laverack, Gordon,Rose, Dobermann etc.
Negli affreschi e bassorilievi egizi ed assiri troviamo cani simili ai levrieri, mastini, alani.
Nell’antica Grecia, in alcuni affreschi, sono presenti piccoli cani che ricordano gli odierni volpini. Il maltese sarebbe già presente nell’antica Roma.
Nel diciottesimo secolo una delle mode prevalenti tra le dame delle varie corti, era l’esibizione di cani di razza nana, soprattutto il carlino, ma anche maltesi, piccoli levrieri italiani, etc.=Nell’antichità il cane aveva in ogni modo una funzione prevalentamente utilitaria e i tipi maggiormente presenti erano quelli che accompagnavano l’uomo a caccia, quello che coadiuvava il pastore nella conduzione e nella difesa delle greggi, ed infine quello che difendeva la proprietà, il padrone stesso e lo accompagnava anche in guerra: Il molosso. Ecco come ci descrive il molosso, quello che si allevava nelle fattorie del Lazioe della Toscana duemila anni fa, Lucius Iunius Columella in quello che rimane del suo celebre trattato “De re rustica”. (ndr “De re rustica” è opera del Columella, e non di T. Varrone come citano erroneamente altri autori.) “Villae custos eligendus est amplissimi corporis…. » “per la villa bisogna scegliere un custode di corpo grande e grosso, di latrato risonante, prima perché atterrisca i malandrini facendosi sentire, e poi anche con lo spavento che incute la sua vista….Sia però di colore unito….il nero. Il cane da cortile ha certo un aspetto più terribile se è nero; di notte non si vede perché somiglia alle tenebre, e perciò coperto da esse, il cane può avvicinarsi all’insidiatore con meno pericolo. Si preferisce con il capo tanto grande che sembri la maggior parte del corpo, con le orecchie abbassate e pendenti, con occhi neri, lucenti di una luce fiera, col petto ampio, spalle larghe, zampe tozze e irte……la sua indole non deve essere ne mitissima ne per contrario truce e crudele; il primo infatti blandirebbe anche un ladro, mentre il secondo assale anche la gente di casa…….soprattutto questi cani devono dimostrarsi vigilanti nel fare la guardia, e non sbagliarsi facilmente, ma essere assidui e circospetti piuttosto che temerari.
Nel primo caso segnalano solo quello di cui hanno certezza, mentre nel secondo
si eccitano per ogni vano rumore o falso sospetto. “Hic erit villatici status praecipue laudandus” (questa sarà la conformazione più pregevole per il cane da cortile).(L. I. Columella) Il ruolo del cane da cortile (molosso) non è cambiato di molto nel tempo, dalla fattoria romana ha accompagnato l’uomo nell’evoluzione del suo habitat, rimanendo sempre presso di lui nel vivo della società umana.
Questa familiarità con l’uomo, continuamente evolutasi e maturata nello sviluppo filogenetico, spiega la sua scarsa diffidenza, in parte dovuta anche alla sua tempra e alla sicurezza di se. Caratteristiche da non confondere con la socievolezza quale componente dell’infantilismo (ndr “Das Sogen….” “E l’uomo…” K. Lorenz).
Al contrario, il cane da pastore abituato a vivere in grandi spazi solitari in presenza di un solo, o pochi uomini, sempre all’erta per difendere se stesso e quanto a lui “affidato”, da predatori o da altri uomini ostili, ha conservato un’ancestrale diffidenza verso qualunque estraneo.
Questa naturale disposizione d’animo, aggiunta al sangue lupino presente in alcune razze, fa si che in molti soggetti sia presente quella caratteristica che il Lorenz definisce angstbeisser esempio citato da K.L. riguardante l’addomestcazione del lupo (KL,“So kam der Mensch auf den Hund)
Un ROTTWEILER che manifesti una simile inclinazione è sicuramente un sog- getto da sottrarre alla riproduzione.
Anche se, come vedremo poi nella parte riguardante la genetica, come la tra- smissione dei caratteri di un singolo soggetto alla discendenza non sia automatica.
Questa breve considerazione non ci deve però indurre ad operare delle classifi-
cazioni sulla base di elementi che utilizziamo per giudicare la condotta degli uomini.
La prima cosa da non fare quando si osserva un cane, o un altro qualsiasi ani-male, è quella di non adoperare parametri morali di carattere umano.
Ogni specie si comporta in base a regole naturali ereditarie e quelle rispetta ri- gorosamente, poiché costituiscono la condizione essenziale per la conservazione
della specie stessa.
Soltanto l’animale umano è quello che autodetermina la propria
evoluzione infrangendo le leggi della natura, ponendo così le basi per un futuro denso d’incognite.
Abbiamo parlato di specie, ricordiamo brevemente la classificazione degli organismi e il posto che occupa il cane.
La classificazione degli organismi (tassonomia) è un metodo sviluppato dallo svedese Carl von Linnè ( 1707-1778) che è in uso ancora oggi.
Il cane appartiene al Regno animale, Phylum cordati, classe mammiferi, ordine
carnivori, famiglia canidi, genere canis (cane, sciacallo, coyote, lupo e dingo),
specie cane.
Gli individui della stessa specie possiedono due caratteristiche fondamentali simili: la capacità di accoppiarsi e quindi riprodursi, e moduli comportamentali simili innati. Il comportamento innato può essere presente già dalla nascita, ma il suo svilup-
po segue di pari passo la crescita del soggetto. I moduli comportamentali innati
si sviluppano anche se l’individuo è stato allevato in isolamento, in modo tale da
non disporre di alcun modello da imitare. Un cane che nasconde un osso in una stanza, compie col muso lo stesso movimento che eseguirebbe se lo stesse coprendo di terra. oppure nell’atto di accucciarsi compirà le stesse rotazioni su se
stesso pur non avendo erba da schiacciare. (I fondamenti…Eibl Eibensfeldt )
L’intervento dell’uomo ha creato cani delle dimensioni e delle forme più svariate, ne ha accentuato o limitato alcune caratteristiche comportamentali selezionando soggetti imbattibili su un terreno specifico, ma nel fare questo ha ottenuto animali specializzati che però per sopravvivere hanno bisogno dell’uomo.
I moduli comportamentali fondamentali innati sono comunque rimasti, anche se più o meno nascosti, in ciascuna delle razze.
Ritornando all’antico molosso dei Romani, andiamo a rileggerci lo standard del Rottweiler e verificheremo qualcosa in più di una somiglianza, con questo superbo abitatore della fattoria romana.
La letteratura infatti, ci dice in proposito come il ROTTWEILER sia arrivato in Germania al seguito delle legioni romane, lasciando intendere che si trattasse principalmente di un cane da guerra. Può darsi che sia stato utilizzato anche in questo ruolo. Ritengo più verosimile che questo cane sia stato parte integrante
dell’ambiente, abbia seguito cioè l’espandersi della “villa rustica”, che da Roma
si è gradualmente dilatata, prima nelle pianure dell’Italia centrale poi al settentrione fino alle Gallie, “determinando in maniera decisiva anche la storia dell’assetto socio-fisico d’Europa.”
$) Gli antenati dei nostri Rottweiler raggiunsero la provincia romana Germania attraverso due strade, percorse dall’esercito romano e di cui ancora oggi si co-
nosce il tracciato. Una dalle Alpi svizzere portava a nord-est verso il lago di Co-
stanza. Un’altra portava ad ovest, ed un’altra ancora nella zona in cui oggi si
trova la città di Rottweil.
Nella primavera del 74 d. C., l’11° legione dell’imperatore Claudio, che per la
sua fedeltà prese il nome di “Pia Fidelis”, giunse nella zona di Rottweil.
Sul posto i romani costruirono grandi insediamenti che, in onore dell’imperatore
Flavio Vespasiano, furono chiamati “Aree Flavie”
Questo fu il primo nome della città di Rottweil. (A. Ringer – Der Rottweiler) $) 
Cane Romano da tiro (da G. Umlauff – “Der Rottweiler”)
Gli antenati romani degli odierni Rottweiler si accoppiarono, verosimilmente, con cani da pastore locali e potenti e mordaci maschi di razze diverse. Ne scaturirono dei soggetti resistenti, molto dotati per la guardia ma anche per
la conduzione del bestiame, tant’è che furono allevati e utilizzati essenzialmente per proteggere il loro padrone e sorvegliare le mandrie.Furono pertanto proprio i macellai e i commercianti di bestiame, in special modo nella città di Rottweil, ad allevare questi cani, e nel medioevo presero il nome di: Metzegerhund ( “Rottweiler cane del macellaio”.)Per governare le enormi mandrie, era necessario un cane calmo, forte e resistente. Crearono col tempo un cane che trovò impiego nei settori più svariati che, oltre che per la guardia, la conduzione e il combattimento, fu utilizzato anche come animale da traino.


Ma come avviene in ogni campo delle attività umane, le nuove tecnologie finicono per accantonare i sistemi più tradizionali. Il trasporto degli armenti venne sempre più effettuato con la ferrovia, inoltre condurre il bestiame con i cani (il testo originale del Ringer dice:Hetzhunden, letteralmente bracchi) fu vietato dalla legge (A. Ringer)
La conseguenza di questa situazione, fu che la diffusione del Rottweiler si ridusse notevolmente.
Soltanto all’inizio del 20° secolo il Rottweiler ritornò in auge, e nel 1910 il Primo Gruppo cinofilo della polizia ne riconobbe il valore di impiego e lo adottò come razza di cane da polizia.

già nel 1907 erano sorti vari club della razza, ma la mancanza di criteri unifor- mi della sua interpretazione non portarono alcun vantaggio. Solo nell’agosto del 1921 si riuscì a raggiungere un accordo e alla conseguente
fondazione dell’ADRK. Da allora lo standard è stato oggetto di revisioni, i primi Rottweiler riconosciuti
ufficialmente erano sicuramente più rozzi e più leggeri di quelli attuali,anche se probabilmente come cani utilitari non avevano nulla da invidiare.Se osserviamo le immagini di questi soggetti, le differenze sono immediata- mente evidenti. l ROTTWEILER quindi per la sua storia, la sua struttura fisica e psichica è stato ed è un cane utilitario. Il pericolo che corre oggi è che la moda,”la più sciocca di tutte le tirannie” (Lorenz “e l’uomo incontrò il cane”), e le conseguenti pressioni del mercato aventi come maggior elemento propulsore le esposizioni di bellezza, indirizzino la selezione su una base esclusivamente morfologica. Il fascino di questa razza invece, per chi la conosce bene attraverso soggetti di corretto standard caratteriale, consiste principalmente nelle sue grandi doti morali.
A questo punto cerchiamo di ricostruire, per sommi capi, la storia e l’evoluzionedel tipo.Il primo soggetto iscritto, come n. 1, nello Zuchtbuch del Deutscher Rottweiler Klub DRK è stato Russ vom Bruckenbuckel. Nato nel 1904, ancora prima della fondazione del Klub, avvenuta nel 1907.
Russ in una rassegna nel 1905 è risultato
Il miglior cane per conduzione del bestiame. Il primo documento che descrive il cane per bestiame tedesco co-scritto da Strebel e Dr. Hauck, stabilisce che le dimensioni del cane è tra i 50 e i 60 cm., non vi era alcuna differenza di dimensione tra maschie femmine, per quanto riguarda il peso, tra i 25 e i 30 kg. Nel 1901, lo standard, si suppone, scritto da Albert Krull non da alcuna precisazione circa le dimensioni e il peso, affermando semplicemente che il cane doveva essere potente e costruito ad angolo retto. Soltanto nel 1907 lo standard del DRK stabilisce la distinzione tra i sessi affermandoche il Rottweiler è un cane di grande dimensione e la misura richiesta per il maschiodeve essere tra i 60 e i 70 cm. E le femmine tra mi 50 e i 60. Buoni soggetti erano prodotti anche dal SRK dello zwinger Von der Strahlenburg del sig. Franz Frànznick (Heidelberg) che aveva prodotto Max v.d. Strahlenburg.
Altro ottimo soggetto Lord Remo V. Schifferstadt dell’allevamento omonimo delSig. Ignatz Bertram. Lord Remo, cane di grande taglia (cm. 72), ZB 130 campione di Germania è stato un soggetto che ha lasciato un segno nell’allevamento tedesco.

Lord Remo v. Schifferstadt, gew.1911, IRZ/Bd. 1/130
Figlio diretto di Lord Remo: Lord von der Teck era ritenuto dagli allevatori IRK un modello quasi perfetto. Nato il 06 settembre 1914 Zb n. 413 alto cm. 67, tra Il 1914 e il 1917 è stato tra gli stalloni più utilizzati effettuando circa 100 monte. La discendenza di Lord Remo ha influenzato notevolmente la razza tra le due guerre mondiali.

Tra i suoi discendenti troviamo Arko Torfwerk, a sua volta padre di Anny v.d.
Lauter che è stata uno dei pilastri di uno tra i più importanti allevamenti tedeschi
negli anni trenta lo Zwinger Von Kòlherwald, che annovera tra i suoi campioni
Hacker e Ido, naturalmente von Kòlherwald.
Negli anni venti le tre associazioni DRK, SRK e IRK trovavano un punto di accordo
per l’uniformità del tipo e per la selezione, dando vita ad una unica associazione la:
Allgemeiner Deutscher Rottweiler Klub che stabilisce, ancora oggi, lo standard
della razza. L’ultimo standard depositato presso l’FCI al n.147 è del 19.06.2000.
Ora, guardando anche in foto questi storici soggetti possiamo renderci conto di
quanto il tipo sia mutato. Quelli odierni si presentano come soggetti più imponenti
con ossatura e massa di grande rilievo. Non so però in quanti sarebbero in grado
di eguagliare le prestazioni atletiche di allora. Ad esempio superamento della
Palizzata verticale di m. 2,60.




La fissazione del “nuovo tipo”, avviene nella metà degli anni settanta. Capostipite
Ives Eulenspiegel. 
Ives ha influenzato, dai figli diretti, soprattutto tramite il grande Dingo, o come ascendente, notevole parte della razza degli ultimi 20/30 anni.
Figli diretti di Ives:
Nero vom Schloss Rietheim (Ks 81; Ws 81-83; Es 84; Bs 82 – 84)
Dingo vom Schwaiger Wappen (KS-BS-WS 80/81), tra i molti figli
importanti vediamo:
– Arko von Barrenstein
-Santo vom Schwaiger Wappen -Benno v.d. Schwarzen Heide – (WS 90- ES90 Bjs 87) Falko v.d. Teufelsbrùcke (KS-BS-Int.Ch) – Ken v. Schwaiger Wappen (Ks 93, Bs 94, Ws94, Wjs 91)
– Mirko v. Steinkopf (KS (83)
– Rex v. Steinkopf (ES 82)
– Osco v. Schwaiger Wappen (Int. Sch. Ch)
– Amigo v. Kressbach – Hassan vom Kònigsgarten (KS85)
-Danjo vom Schwaiger Wappen (KS89)
-Chris v. Obercrombacher Schloss(BS 89)
Questo in estrema sintesi. Esistono, naturalmente altre importanti “Blutenlinien” che elencheremo dopo la seguente importante precisazione.Molti siti vengono reclamizzati per la presenza di “linee di sangue Tedesche”.Non è sufficiente avere la presenza di un soggetto di qualità, magari in linea materna, per poter parlare di “linea di sangue”. Una “linea di sangue”, detto per sommi capi, esiste laddove con un’attenta selezione morfocaratteriale sono stati utilizzati stalloni con grande capacità di trasmissione dei loro geni alla progenie. Gli accoppiamenti di tali soggetti devono far parte di un progetto che preveda, successivamente, l’utilizzo dei migliori soggetti della progenie portatori e trasmettitori delle stesse eccellenze genetiche. In assenza di questo lavoro mirato di riproposizione dei geni di cui il capostipite era portatore, la “linea di sangue” è destinata alla diluizione, fino a scomparire completamente. Molto brevemente ricordiamo altri grandi riproduttori che hanno lasciato il segno nella razza:
Bulli v. Hungerbùhl (Ks 71-72 ws 73
- Axel (Ks 75)e Astor vom Fusse der Eifel (Int. vdh Ch)
-Dux v. Hungerbùhl
– Benno Allgàuer Tor (BS e Ks 78)
– Dux vom Raughfang – Bronco von Rauberfeld-Elko v. Luckshof – Brando v. Siederpfad
Falko v. Gruntenblick
– Muck v. Gruntenblick (Bs 92)
– Noris v. Gruntenblick ((Ks 91 e 92 Int. Ch)
Aki von der Peeler Hutte
-Hasko von Hohegeiss (Bs 93)
– Hero von Hohegeiss – Ben v. Ruppertsbach (Es 98) Odo Flugschneise (Ks 97)
-Gary e Glenn v. Hohenhameln
-Maik v. Oberhausener Norden
Falko von der Tente
– Iwan v. Fusse der Eifel (Ks 86)
-Ilko ” ” ” (Ks e Bs 87)
– Ingo ” ” ” ( Bs 88 e Ks 90)
– Baas v. Siegbrucke (Ejs)
Non possiamo dimenticare, seppure brevemente, il contributo che hanno dato Mambo v. d. Teufelsbrucke e Rick v. Burgthann. Questa elencazione è piuttosto riduttiva ma è solo esemplificativa, sappiamo di non avere elencato soggetti importanti ma la vastità dell’argomento è tale che è praticamente impossibile fare un quadro completo.Qui di seguito, in modo anche questo molto esemplificativo, l’evoluzione del fenotipo morfologico.