L’allevamento in zootecnia, in genere, escludendo le normali difficoltà di gestione e di mercato, non comporta grandi problemi per quanto concerne gli scopi da raggiungere, per aumentare la produzione. Che si tratti di pelli, carni, latte etc., comunque del prodotto da presentare sul mercato. Un po’ più di difficoltà si possono avere per migliorare la qualità del prodotto.Mentre per la maggior parte degli animali di allevamento la domanda proveniente dal mercato tende ad esaltare le caratteristiche per cui sono allevate, per il cane bisogna valutare le innumerevoli caratteristiche sia anatomiche che caratteriali, così come è previsto dallo standard di ogni razza. Spesso inoltre,le sue qualità migliori, quelle intellettive e caratteriali che lo rendono partner ed ausiliare insostituibile dell’uomo, sono sacrificate alle esigenze dell’industria delle esposizioni che costituiscono causa ed effetto dell’orientamento del grande pubblico. Quindi ogni aspetto fenotipico deve essere attentamente valutato per essere trasmesso alla progenie. Diversi e più complessi pertanto i problemi che si pongono se si decide di allevare cani. Le motivazioni che spingono le persone a possederne uno sono le più svariate, anche le mode come in ogni campo delle attività umane. In questo caso il cane è “vittima” del mercato, dal momento che la moda, in quanto finalizzata alla soddisfazione di esigenze estetiche o di status symbol, tende a mettere in secondo piano le qualità di maggior pregio del cane, che sono le sue doti psichiche e/o utilitarie. Notava K. Lorenz come “…l’onnipotente tirannia della moda, la più sciocca tra le femmine sciocche, si arroga di prescrivere ai poveri cani quale deve essere il loro aspetto.” In proposito il dr. M. Pasinato (“I nostri cani” – periodico ufficiale ENCI Nov. 2000) osserva: “Purtroppo molti allevatori hanno scambiato l’attività zootecnica come una catena di montaggio con l’unico scopo di massimizzare i profitti, incuranti degli inevitabili danni perpetrati nei confronti dell’animale se non della società.” Questa situazione provoca, di fatto, delle ripercussioni negative sulla selezione, per motivi che sono quanto mai ovvi. Per quanto riguarda il Rottweiler, si è trattato di soddisfare una domanda proveniente molto spesso da persone poco consapevoli delle caratteristiche del cane e delle difficoltà di gestione alle quali andavano incontro. In passato e cioè prima dell’esplosione demografica e “modaiola”, non di rado si è verificato che, acquistato un soggetto di buona tipicità (rottweiler) da parte di neofiti,una volta portato a casa il cucciolo, ci si è trovati di fronte a problemi che nessuno aveva loro predetto, e che aumentavano di pari passo con la crescita del cane. Di fronte a queste problematiche la risposta dell’allevamento non può essere quella di creare soggetti che chiunque sia in grado di gestire, creando la tendenza alla snaturazione della razza. Il Rottweiler è un cane dominante, non è semplice, soprattutto per una persona inesperta, fargli capire che a decidere siamo noi e non lui. Pertanto la necessità di fronteggiare una domanda relativamente improvvisa e massiccia, non può giustificare il fatto che, magari qualcuno,non vada tanto per il sottile per soddisfarla. Per quanto riguarda il ROTTWEILER , se si vogliono allevare dei soggetti rispettando lo standard della razza, non bisognerebbe mai dimenticare che si tratta di un cane che non è per tutti. La sua natura dominante, il senso d’indipendenza e la straordinaria forza fisica, sono caratteristiche che mal si adattano a chi non ha maturato esperienze con soggetti di buon rilievo di cani d’utilità, anche se appartenenti ad altre razze. Pertanto l’allevatore serio dovrà, nei limiti del possibile, porsi anche il problema di chiedersi in quali mani finiranno i suoi “prodotti”. Allevare seriamente vuol dire partire da questi postulati, non dimenticando mai che stiamo parlando di un cane si polivalente, ma psichicamente e morfologicamente atto particolarmente alla difesa e all’attacco, altra cosa di cui molti allevatori sembrano non tenere nella dovuta considerazione.
Conseguenze delle esposizioni di bellezza
Non è pensabile che per migliorare una razza sia sufficiente mettere dei cani su una pedana, dare un giudizio sulle linee generali, e in ogni caso solo ed unicamente sul fenotipo, formulato spesso da non specialisti della razza.
Per quanto riguarda il ROTTWEILER, oltre i motivi già citati, l’attenzione quasi esclusiva per l’aspetto morfologico e gli accoppiamenti ad esso finalizzati, hanno portato fatalmente alla diffusione di carenze caratteriali, se non a vere e proprie tare. Del resto se rapportiamo il numero delle nascite alla quantità dei soggetti che partecipano a gare di lavoro, o a quanti possiedono un minimo di requisiti che ve li rendano adatti, il panorama non è esaltante. Parlo di cani che lavorano, non di quelli che hanno ottenuto il primo brevetto“una tantum”, magari in circostanze particolarmente favorevoli, o perché affidati a professionisti. Del resto il dr. I. Stur dell’Istituto di Genetica Animale dell’Università di Vienna, ha dimostrato in una sua ricerca che soggetti vincitori in mostre canine di bellezza, sarebbero stati molto meno efficienti in lavoro. Stur sostiene che con la sola osservanza degli standard morfologici, inconsciamente noi accoppiamo per geni analoghi ai locus geni o omozigoti, e involontariamente, per conformarci agli standard, noi accoppiamo anche per incrocio omozigote i geni che influiscono sul comporta- mento. Probabilmente la ricerca “del bello” ha fatto si che in molti, forse moltissimi, siano caduti nell’errore di metodo denunciato dal dr. Stur. (–B. Fogle La mente… ) Del resto anche Lorenz osservava: “E’ triste ma innegabile che un’accurata Selezione di caratteri fisici non è conciliabile con una selezione di caratteri psichici.” Recentemente (notizia apparsa su “il Giornale” 02.2001) il quotidiano inglese Indipendent, informava che la polizia britannica intende non servirsi più del pastore tedesco, in seguito all’indebolimento caratteriale che ha contraddistinto la razza in questi ultimi tempi. Sul banco degli imputati: le esposizioni di bellezza. Questo il giudizio di Clive Helliwell, segretario dell’Associazione degli ispettori di polizia. Phil Tyson, addestratore della polizia del West Yorkshire, afferma che “….Gli allevatori hanno tolto ai pastori tedeschi la volontà di lavorare e il coraggio che avevano 30 anni fa”. Inoltre questa razza ha un difetto nell’articolazione dell’anca (displasia Ndr), anche questo problema è da imputare ad un allevamento mirato ai concorsi di bellezza. “….L’industria dei concorsi di bellezza ha privato questi cani del coraggio” Anche il Rottweiler potrebbe rischiare molto per gli stessi motivi, qualora la crescita esponenziale della razza , non sia stata seguita da uno sviluppo proporzionale della qualità dei soggetti prodotti, sempre per quanto riguarda l’aspetto caratteriale. Sempre che alla dura strada per il successo attraverso la selezione si sia preferito il principio statistico della“legge dei grandi numeri”. Non è certo questa una metodologia pagante. O perlomeno pagante nel lungo periodo. Si potrà anche ottenere occasionalmente qualche risultato, ma sarà un evento isolato molto più simile ad una vincita ad una lotteria, piuttosto che un qualcosa frutto di un serio e programmato progetto. La mancanza di una approfondita valutazione su basi scientifiche dei soggetti utilizzati, non potrà mai portare a risultati durevoli nel medio/lungo periodo. Soltanto la conoscenza di nozioni di genetica può permettere un’analisi appropriata e stabilire quali possano essere le conseguenze di determinati accoppiamenti. Se confrontiamo lo sviluppo avuto dalla razza in Italia e in Germania, le contraddizioni appaiono subito evidenti. All’inizio degli anni 80 le iscrizioni al LOI non raggiungevano le cento unità annualmente contro le circa 3000 in Germania, nel 1998 e 99 sono stati iscritti in Italia circa 8000 soggetti ogni anno contro i sempre 3000 della Germania (c.ca 2200 nel 99), con una differenza sostanziale: Il livello della selezione e il numero dei soggetti sottopostivi. Qui di seguito la tabella ufficiale dei soggetti iscritti dalla fondazione dell’ADRK
Al dicembre 92 (fonte “Der Rottweiler” Dic. 93 – Zuchtbuch)
LXXIX 91707 JANUAR – DEZEMBER 1995
LXXX 91708-95085 JANUAR – DEZEMBER 1996
LXXXI 95086-98256 JANUAR– DEZEMBER 1997
LXXXII 98257-100978 JANUAR– DEZEMBER 1998
LXXXIII 100979-103196 JANUAR– DEZEMBER 1999
LXXXIV 103197-104698 „ „ 2000
(Dati ufficiali tratti dal „Der Rottweiler“(12/92) e Zuchtbuch)
Ogni anno partecipano al DEUTSCHE MEISTERSCHAFT (Campionato Tedesco di lavoro IPO III) 40 elementi che, salvo due o tre, non sono mai gli stessi dell’anno precedente, e per vincere a volte non basta un punteggio di 294 punti (com’è capitato ad Etzel v. d. Silbergrube nel 1999, e a Pascha v. Hegestrauch nel 1992). Inoltre non è che un conduttore può semplicemente iscrivere il suo cane al Meister. Per partecipare al Meister è prima indispensabile superare la selezione del Land. A questo proposito è sufficiente dire che (media indicativa) su 1300/1500 nati ogni anno, circa 300 ottengono L’IPO 3. Inoltre sempre in Germania, che piaccia o no per questa razza è il paese guida, tutti i soggetti maschi di un certo livello sono dotati dello VPG III, dell’IPO III o di entrambi, a mia memoria pochi soggetti hanno ottenuto riconoscimenti di rilievo in esposizione pur non avendo conseguito risultati al massimo livello in lavoro (Sch III o IPO III). Che io ricordi soltanto CONDOR v. d. FRANKENTANNE KS nel 1999, REX V. STEINKOPF ES nel 1984 e Odo v. d. Flughschneise KS 97 (solo Sch I). Esiste inoltre l’istituzione della Koerung alla quale possono partecipare soltanto i soggetti maschi con il terzo livello di lavoro (le femmine con il primo) e naturalmente lo ZTP che è obbligatorio e senza il quale il soggetto non è ammesso alla riproduzione. Alla KOERUNG partecipavano fino a qualche anno fa tra i settanta e gli ottanta soggetti all’anno, nelle due fasi primaverile e autunnale, compresi i bis EZA. Dal 2000 la partecipazione alle koerung è scesa notevolmente in conseguenza della diminuzione delle nascite, passate da circa 3200/3300 annue a 2200, fino agli odierni 1500 c.ca. Nella KOERUNG i cani sono sottoposti a rigorosi test caratteriali, dove, oltre a dimostrare equilibrio, devono superare sfide e pressioni che soltanto ROTT di alta tempra sono in grado di sostenere. Tutte queste prove sono regolarmente filmate ed a disposizione di tutti. Questo vuol dire fare selezione, questo è il solo modo perché una razza conservi le sue caratteristiche tipiche. L’esempio si riferisce alla Germania non per un malinteso senso di esterofilia, ma per il semplice fatto che la rigorosa selezione consente di seguire il percorso dei geni. Per seguire il percorso dei geni è indispensabile la lettura dei pedigree. La “cartina di tornasole” è rappresentata dallo Zuchtbuch. Su questo documento, redatto ogni anno, si trova:
– L’indice delle nascite in ordine alfabetico degli affissi;
– l’elenco degli stalloni;
– l’elenco degli accoppiamenti di ogni maschio anche con femmine non adrk;
– l’elenco delle nascite con i nomi di padre, madre, e nonni con i risultati raggiunti dagli stessi. Numero dei soggetti nati, sesso, n. del pedigree e del microchip.
– statistica delle nascite
– lista degli allevatori
– risultati delle radiografie HD/ED riguardanti tutti i cani esaminati nell’anno;
– elenco dei cuccioli esclusi perchè nati con anomalie (prognati, enognati, chiusura a tenaglia o incrociata, monorchidissimo, ernia ombelicale leggera,media e forte.
– risultati dello ZTP con il giudizio;
– elenco e giudizio dettagliato delle Kòrung
– elenco dei soggetti che hanno superato prove di lavoro e relativi punteggi.
Soltanto disponendo di uno strumento di questa portata è possibile ricostruire la storia della razza, la genetica di ogni soggetto, quello che in altri settori merceologici viene indicata come “tracciabilità del prodotto”. Non so quale altro paese disponga di uno strumento simile. In ultima analisi il destino della razza si gioca sulla selezione di tre caratteristiche fondamentali con valore di postulati:
Morfologia, caratterialità e, prima di tutti, capacità di trasmissione alla discendenza. Per quanto concerne la capacità di trasmissione alla discendenza è necessario individuare i portatori del genotipo. Per individuare e promuovere i portatori del genotipo è indispensabile conoscere il percorso dei geni, e qui ritorniamo alla selezione come elemento fondamentale dell’origine ma anche della sintesi.
Per individuare i fenotipi sono sufficienti dei buoni cinotecnici in grado di segnalare dei soggetti, seguendoli sia nelle prove di lavoro sia nelle esposizioni, ma questo non è sufficiente. Se non è possibile seguire il percorso dei geni non è parimenti possibile effettuare una vera selezione, e al momento questo non è possibile perché non avendo lavorato sulle “linee di sangue”, ma, nella migliore delle ipotesi sul fenotipo, ci si trova di fronte all’ostacolo più grosso, “l’illegibilità”dei pedigree.
Anche il genetista più preparato e pieno di buona volontà si troverebbe disarmato.
Per cercare di allevare seriamente e con possibilità di successo, è necessario “lavorare” su delle fattrici di cui si possano individuare delle “linee” per poi poter scegliere gli stalloni portatori di caratteri che vadano a rafforzare o ad integrare ciò che è già presente. Naturalmente le previsioni (anche i consuntivi) si basano sul calcolo delle probabilità, pertanto più alto è il numero dei soggetti, compresi quindi anche gli stalloni utilizzati, disponibili in allevamento, maggiori sono le probabilità di successo. Va da se quindi che il calcolo statistico per un singolo accoppiamento è relativamente limitato. Ricordiamo a coloro i quali non siano supportati da reminiscenze scolastiche e volessero misurarsi con questo metodo, la definizione e la formula delle PROBABILITA’.
“La probabilità di un evento è il rapporto fra il numero dei casi favorevoli e il numero dei casi possibili, supposti tutti ugualmente possibili.”
Se indichiamo con N il numero dei casi possibili e con V il numero dei casi favorevoli, la probabilità P dell’evento è data da:
P= __V_
N
(E. Levi – Matematica finanziaria e attuariale – )
Riteniamo non superfluo ricordare, che esistono dei geni non modificabili e che costituiscono i caratteri propri della specie. Esiste poi un altro gruppo di geni, omozigoti ed eterozigoti, sui quali sipuò lavorare per il miglioramento della razza; parliamo di quelli cheriguardano le variabili morfo-funzionali.
La genetica e la storia ci dicono cioè che possiamo intervenire sull’aspetto (colore del mantello, conformazione generale), ma sul comportamento possiamo intervenire soltanto quantitativamente, spingendo o limitando alcuni aspetti. Ne è la prova la stabilità di base dei modelli ancestrali che non è stata scalfita, nonostante tutti gli interventi di addomesticamento e di selezione operata dall’uomo in diecimila anni (K. Lorenz “Das Sogen.” – B. Fogle “La mente…” pg. 30/31- A. Manning “An Introduction to animal Behaviour”).
Per esempio: la manipolazione genetica può produrre cani dal fiuto più sensibile, più veloci nel riportare la selvaggina, ridurre o aumentarne l’aggressività, operare cioè su quei caratteri specifici presenti nel patrimonio ereditato filogeneticamente. Ma non potremo mai ottenere moduli comportamentali derivati dalla comprensione di “…pensieri astratti o frasi condizionali….” (B. Fogle “La mente..), ma soltanto quelli (comportamenti) derivati da nessi associativi. Esaminare questo aspetto sulla scorta dei nuovi contributi apportati dalla ricerca recente degli etologi cognitivisti. Bekoff, Allen, Griffin etc. La fissazione dei caratteri che interessano, si ottiene attraverso accoppiamenti omozigotici in un gruppo abbastanza ristretto di soggetti. Il rovescio della medaglia è che oltre il raggiungimento del risultato,nel tempo, si possono manifestare difetti gravi o vere e proprie tare addebitabili alla consanguineità, fino ad un certo punto coperte dai caratteri dominanti. Vedremo in seguito come ovviare a quest’inconveniente.
L’ADRK proibisce accoppiamenti tra consanguinei, in questo caso però il metodo seguito, e cioè il grande rigore selettivo, fa sì che in pratica soprattutto in linea maschile le fonti genetiche siano ristrette ad un numero esiguo di soggetti per la maggior parte di altissimo livello. In questo modo si opera, di fatto, in regime di consanguineità allargata, che consente di mantenere inalterata la qualità e l’omogeneità dei geni. Se analizziamo pertanto l’albero genealogico dei soggetti più importanti, ci accorgiamo che hanno molti antenati comuni.
E’ tutto il sistema che opera come un unico grandissimo allevamento
Il rovescio della medaglia @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@
La consanguineità di per se non è perciò da respingere aprioristicamente ma, come tutti gli strumenti, ciò che conta è la capacità di usarla e il fine che si vuole raggiungere.
In proposito possiamo ricordare come le razze odierne, fortemente specializzate, sono state “costruite” operando per fissarne il tipo su un numero esiguo di soggetti per diverse generazioni. Questo è quanto è stato fatto da Von Stephanitz, Laverack, Dobermann, Rose, etc.
Per citare un altro validissimo esempio, ricordiamo che lo stesso metodo è stato seguito, nei cavalli, quando è stato “creato” il purosangue inglese. Infatti, tutti i moderni purosangue discendono per linea maschile da soli tre stalloni, essi furono gli arabi Godolphin e Darley, e il turco Bierley.
L’importazione di questi cavalli in Inghilterra data al diciottesimo secolo pertanto nessuno dei tre è stato sottoposto alla selezione delle corse. In conformità a quale criterio gli allevatori utilizzarono quei tre soggetti?, La risposta può essere soltanto una, gli inglesi avevano individuato la grande capacità di trasmettere il loro patrimonio genetico (“Gli animali” De Agostini Novara 1974 pg. 114). Questo sta ancora una volta a significare che quello che conta nella riproduzione, non sono tanto o solo le qualità dei soggetti utilizzati, ma la loro capacità di trasmissione alla discendenza. Per ritornare alla consanguineità è opportuno rilevare, oltre alla validità, anche i motivi dell’estrema delicatezza dello strumento che va utilizzato con la sovrintendenza di un buon genetista, presentando problemi di carattere etico di notevole rilievo. Come dicevamo, operando su soggetti strettamente imparentati, si arriva inevitabilmente alla comparsa di difetti, anche gravi di carattere ereditario. Se partiamo dal postulato che le anomalie si comportano, quasi sempre, come caratteri recessivi; il rimedio è rappresentato dalla tecnica del reincrocio. Questo strumento, che serve per individuare i soggetti portatori del gene incriminato ed eliminarlo dalla riproduzione, è quello utilizzato ad oggi e che abbia avuto un’applicabilità pratica ed efficace. Perciò il sospetto portatore dell’anomalia, che potrebbe anche presentarsi fenotipicamente in ordine, è accoppiato con un portatore del carattere recessivo omozigote.Se il soggetto sottoposto ad esame non è portatore del carattere recessivo, la cucciolata sarà esente dal difetto, se invece l’elemento soggetto a verifica è presente, il risultato sarà: Fenotipi sani e “anomali” in rapporto paritario. Questo tipo di controllo della selezione anche se da buoni risultati, sempre nei grandi numeri, pone certamente problemi di carattere etico. Gli accoppiamenti di controllo (testcross), nel caso si tratti di gravi anomalie, possono produrre soggetti con importanti patologie che dovranno essere eliminati. E’ più che evidente che le ripercussioni sono anche d’ordine economico. In proposito il Trumler (“Mit dem Hund auf du”) ammonisce: “….Chi inoltre è in condizione di non porsi il problema di ricavare un guadagno dalla sua attività d’allevatore lo faccia subito. E’ adatto a fare l’allevatore anche chi, proprio per il senso di responsabilità possiede abbastanza autocontrollo e forza di volontà per lasciare in vita solo gli individui migliori.”Per fortuna la scienza ci offre oggi degli strumenti per cui queste tecniche apparterranno sempre di più al passato. In questi ultimi anni l’evoluzione delle biotecnologie, tramite l’analisi del DNA, ha dato la possibilità ad operare la selezione valutando il genoma.
Pertanto la possibilità di operare una selezione con dati attendibili, direi quasi certi senza utilizzare metodi che, come dicevamo in precedenza, confliggono con la sensibilità e il rispetto che merita ogni essere vivente. Il controllo sulla trasmissione dei geni avviene con l’identificazione del genotipo della prole e dei soggetti (genitori), attraverso marcatori genetici micro satelliti, trasmessi in modo mendeliano. Ora si tratta di vedere quanto queste tecniche siano disponibili per l’allevatore medio, sia per la complessità della sua attuazione, sia per i costi. Un altro elemento che ci ha sempre “complicato la vita”, sia nella filosofia che nella ricerca scientifica è quella tra ereditarietà e ambiente. Ebbene le nuove frontiere della scienza ci aiutano un po’ a chiarirci le idee su questo annoso argomento, che avrebbe conseguenze anche sull’ereditarietà e, quindi, sull’allevamento. Il principio, ormai acquisito, che il genoma è un elemento fisso e immutabile e si riproduce uguale a se stesso è rimesso indiscussione da una branca della ricerca: l’epigenomica. Secondo questa teoria il percorso di un individuo non è già deciso, in quanto scritto nel DNA, ma può essere modificato dagli stili di vita e queste variazioni possono essere trasmesse alle generazioni successive. Naturalmente il “problema” è molto complesso, detto in parole povere, si tratta di variazioni sull’attivazione di determinati geni, ma non sulla struttura del DNA. Pertanto l’epigenoma è un sistema che registra ogni “messaggio” proveniente dall’ambiente e attraverso le cellule trasmettere la propria identità anche alle generazioni successive. Non è un’ipotesi così peregrina, ipotizzare che un allevatore serio sia attento alle condizioni di vita dei suoi cani, non solo per motivi etici, e non solo alle scelte selettive.
Per capire meglio i meccanismi dell’ereditarietà dei caratteri è bene tornare a rivedere la legge fondamentale di colui che, per primo e con risultati che sono tuttora alla base della genetica moderna, ne ha formulato la teoria e cioè:
Gregor Mendel.
